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FUORI delle RIGHE

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Fate questo … per il futuro - 1Cor 11,23-26

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.


nella notte in cui veniva tradito

Paolo ha sentito il bisogno di riprendere i Corinti che avevano degradato il modo di vivere insieme la Cena del Signore: Ma quando vi riunite, la vostra cena non è di certo la Cena del Signore! (1Cor 11,20). Attraverso le sue parole scopriamo che nelle assemblee c’è rivalità e ingiustizia, fame dei poveri e ubriachezze dei ricchi e si domanda: Perché disprezzate la chiesa di Dio e umiliate i poveri? (1Cor 11,22).
Proprio il disprezzo della chiesa e l’umiliazione dei poveri, la preoccupazione di salvaguardare le relazioni tra i cristiani più che la lode a Dio, induce san Paolo a tramandare per scritto ciò che lui a sua volta ha ricevuto. È la significativa portanza della tradizione che nella chiesa non solo trasmette gesti o atteggiamenti, dottrina e pensiero ma soprattutto permette allo Spirito di dire tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future (Gv 16,22).
L’Ultima cena viene raccontata in modo ampio da Matteo (26,26-29), Marco (14,22-24) e Luca (22,14-20); Paolo ci trasmette la tradizione più antica, quando Gesù istituisce la sua Cena per la sua Chiesa. La notte del tradimento è il contesto che viene richiamato perché non si abbia dubbi sul significato della sua morte a cui la celebrazione è legata per sempre. Cristo: si è offerto in sacrificio una volta per sempre, per prendere su di sé i peccati degli uomini (Ebr 9,28).


lo spezzò e disse

Il gesto semplice e solenne dello spezzare il pane è comune a tutti, tutti i giorni e in tutte le tavole, ha assunto un significato incredibilmente evidente, invece ci siamo talmente infervorati nella preoccupazione di affermare e difendere il significato della presenza reale nella eucaristia, fossilizzandosi sul ministro, la materia, le parole, l’intenzione da perdere di vista il gesto, arrivando al punto, solo estetico, di lasciare il pane non spezzato nell’adorazione eucaristica. Eppure lo spezzare il pane designava il rito dell'Eucaristia quando ancora non aveva ricevuto un nome fisso e tecnico come quello che usiamo oggi (cfr At 2,42.46; 20,7.11). La dinamica del gesto di spezzare il pane continua a raccontarci la Passione di Cristo che ha spezzato la sua vita donandocela dalla croce, ma anche la reciprocità del dono nella comunione tra i fedeli: il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane (1 Cor 10,17).


Fate questo in memoria di me

Nel testo paolino si ripete, sia per il pane che per il calice, il comando fate questo in memoria di me, non solo le parole ma anche il gesto è fondamentale: prendere, spezzare, ringraziare, mangiare, bere. Questo comando mette in evidenza la singolarità del rito cristiano, la sua espressività dinamica conservata gelosamente nella prima comunità. Il Signore ci chiama a entrare nel suo gesto, nelle sue parole, nella sua vita donata, nel suo sangue e nel suo corpo che è la Chiesa.
L’immagine del corpo ci aiuta a capire questo profondo legame Chiesa-Cristo, che san Paolo ha sviluppato in modo particolare nella Prima Lettera ai Corinzi (cfr cap. 12). Anzitutto il corpo ci richiama ad una realtà viva. La Chiesa non è un’associazione assistenziale, culturale o politica, ma è un corpo vivente, che cammina e agisce nella storia. E questo corpo ha un capo, Gesù, che lo guida, lo nutre e lo sorregge (papa Francesco 19.06.2013).


voi annunciate la morte del Signore

Spezzare il pane e condividerlo insieme al vino raccontano la dinamica della comunità cristiana, le relazioni che la animano: una Chiesa carica di amore. Vuol dire anche imparare a superare personalismi e divisioni, a comprendersi maggiormente, ad armonizzare le varietà e le ricchezze di ciascuno; in una parola a voler più bene a Dio e alle persone che ci sono accanto, in famiglia, in parrocchia, nelle associazioni (papa Francesco 19.06.2013).
Ogni volta che mangiamo il pane e beviamo dal calice, noi annunciamo la morte del Signore. Annunciamo che ogni cosa buona sgorga dalla croce di Cristo, diciamo che siamo stati salvati, che siamo nati di nuovo, morti al peccato. Insieme affermiamo di appartenere a Cristo, finché egli venga.
L’Eucarestia che celebriamo abbraccia il passato perché fa memoria, è una azione presente in quanto rispondiamo ad un comando, fate questo, che ci proietta ...nel futuro, verso l’imminente ritorno di Cristo.